1.21 La cultura dell’indifferenza

Ragionando attorno al
bellissimo messaggio di Papa Francesco abbiamo pensato come la cultura
dell’indifferenza colpisca il cristiano.

Tra gli studenti
americani è spesso consuetudine scrivere sulle pareti delle loro scuole “I care
“. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi
sta a cuore”, il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”».

Si tratta di
un’attitudine egoistica (ci dimentichiamo degli altri, non ci interessano i
loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono) che ha preso
oggi una dimensione mondiale al punto da potere parlare di una globalizzazione
dell’indifferenza.

Tutti noi Cristiani e no,
dovremmo fare ogni giorno la nostra parte per uscire fuori da questo
atteggiamento di indifferenza verso l’emarginato o verso chi vive condizioni di
povertà.

È pur vero che mettere su
carta ciò che sarebbe giusto è cosa semplice, ma ciò che conta è cosa riusciamo
a fare nel concreto.

La nostra organizzazione
di volontariato si occupa, tra le altre cose, di dare assistenza ai detenuti ed
è su questa tragedia umana che vogliamo soffermarci.

Ci capita molto spesso di
vedere persone entusiaste quando raccontiamo quello che facciamo in carcere e
altrettante volte ci chiedono come fare per potere prestare un attimo del loro
tempo al volontariato.

Ma ci si dovrebbe prima
chiedere, perché? Cosa posso dare a queste persone private della loro libertà e,
molto spesso, della loro dignità?

Entrare in contatto con
un detenuto è argomento assolutamente delicato, non si deve entrare in carcere
come se si andasse al “circo” a soddisfare una propria curiosità!

Bisogna intanto pensare
che è un luogo di sofferenza e bisogna dotarsi di un’infinita sensibilità per
potere raccogliere anche solo uno sguardo di un detenuto. L’atrocità del
carcere non termina nell’attimo in cui si riacquista la libertà, ci capita
infatti molto spesso di ospitare persone in Misure alternative alla detenzione,
magari dopo lunghissimi anni di detenzione, e vedere sul loro volto la
stanchezza, la sofferenza e la paura, lo squilibrio che un luogo così duro
lascia indelebile sulla persona.

La vita è piena di momenti e situazioni in cui
optare per essere indifferenti. Possiamo essere più o meno 
interessati, ma non possiamo smettere di sentire. Si tratta di una risorsa che ci fa scegliere se
percepire gli stimoli oppure se allontanarli da noi; pertanto, l’indifferenza
assoluta è impossibile.

Si dice saggiamente che
“l’indifferenza è la risposta più dura, anche quando non ci si aspetta
molto”. È dimostrato
che, quando ostentiamo la nostra indifferenza verso un’altra persona, questo
atteggiamento è uno dei più aggressivi e dolorosi che si
possano assumere. Mostrare indifferenza verso qualcuno implica che stiamo
ritirando tutti i nostri 
sentimenti e che
l’altro, per noi, non esiste nemmeno.

Ma non sempre
l’indifferenza è negativa, è anche un meccanismo di difesa al quale ci afferriamo per
non soffrire costanti delusioni di fronte alle vicissitudini della vita.
Mantenerci in disparte e non aspettarsi nulla da niente e nessuno sono dei
tentativi di auto-proteggerci
.
 Se
non fossimo capaci di diventare neutrali e dovessimo dare una risposta negativa o
affermativa ogni volta che riceviamo uno stimolo, finiremmo esausti.

Vogliamo non
dilungarci ricordando l
’episodio evangelico del cieco di Gerico che
mendicando lungo la strada vide la folla che aspettava Gesù e riconobbe in lui
«il Messia annunciato da Davide»

L’indifferenza e l’ostilità quindi provata  per i bisognosi, malati, profughi, rifugiati e
carcerati rendono ciechi e sordi,
impediscono di vedere i fratelli e le sorelle e non permettono di riconoscere
in essi il Signore e quando questa indifferenza e ostilità diventa aggressione,
e anche insulto
“ma cacciateli via tutti, metteteli in
un’altra parte o ancora, metteteli in carcere e buttate le chiavi”
questa
aggressione è quello che faceva la gente quando il cieco gridava <> ma  Gesù non fu indifferente al grido d’aiuto
de cieco, ma si fermò e fece il miracolo di fargli riacquistare la vista…

Buona Meditazione!

 

Sac. Antonino Scilabra

Carmelo Vetro

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