12/20 Il Disagio Giovanile

L’adolescenza
è una fase delicata e complessa. Dietro ai loro comportamenti difficili, i
ragazzi celano un disagio che spesso le famiglie non sono in grado di
comprendere, né di affrontare, e ogni giorno fanno i conti con una scuola che
rifiuta, che allontana anziché sostenere.

L’etica
dell’interdipendenza e della responsabilità è ancora una meta difficile per
molti adulti del nostro tempo, figuriamoci per i ragazzi; nel sociale e nei
rapporti con la natura, l’arroganza, l’interesse personale e lo sfruttamento.

Se trova un
buon terreno di confronto e non vieni troncato al suo nascere, il grido
scomposto di libertà dell’adolescente può evolvere nel senso dell’assunzione
consapevole dell’interdipendenza come sistema di relazioni e scambi.
L’alternativa a ciò è il mito di un sé onnipotente che può mettersi in
relazione con l’altro solo attraverso la “grandiosità” di inglobare l’altro in
rapporti fusionali ( come il bullismo).

Il disagio
giovanile oggi potrebbe essere imputato, non tanto alla crisi psicologica a
sfondo esistenziale che caratterizza appunto l’adolescenza e la
giovinezza,  quanto a una crisi
culturale, perché il futuro che la cultura prospetta ai giovani è qualcosa di
imprevedibile, incapace di incidere profondamente a sostegno del proprio
impegno nella vita.

Spesso i
ragazzi non riescono a esprimere le loro paure, le loro ansie, non ne parlano
con i genitori e non lo fanno con le insegnanti e dunque si affidano ai social
come metodo per vivere relazioni sociali, spesso, descrivendosi come quelli che
vorrebbero essere consapevoli che uno “schermo” non possa giudicarli.

Quindi
l’incessante impegno da fare in ambito educativo, della marginalità, del
disagio, della devianza, richiederebbe un’entità teorica e pratica forte che
possa fare da bussola nell’emergenza sociale in cui gli operatori sono chiamati
a rispondere.

I centri di
detenzione per minori sono forse lo specchio di una società “civile” incapace di
risolvere sul nascere una situazione di disagio in cui il ragazzo vive; troppe
volte la causa dei reati minorili sono la conseguenza di  essere nati e cresciuti in ambienti familiari
difficili, in quartieri difficili…allora ci chiediamo? Se oramai è
consolidato il dato che vivendo determinati contesti di “ghettizzazione” i
ragazzi sono a rischio, perché non intraprendere una lotta alla non cultura?
Perché non porre la presenza costante delle Istituzioni diffondendo la cultura
del sapere, del conoscere, di uscire da quegli schemi che non fanno conoscere
la vita aldilà del “quartiere”… molti ragazzi avrebbero potuto salvarsi e
molti altri possono essere salvati dalle grinfie del malaffare.

Quindi,
l’obiettivo che dobbiamo prefiggerci è di favorire la formazione di un giovane,
che da adulto troverà in se la forza per non essere sconfitto dalla vita, per
non fondare la ragione del proprio vivere sull’avere ma sull’essere se stesso,
per non cercare fuori di se, nella droga, nell’alcool e nel rifiuto della vita,
la risoluzione dei propri problemi.

Da ciò la
necessità di un forte impegno preventivo nei confronti del singolo soggetto, ma
anche nei confronti delle famiglie e del contesto micro – sociale, al fine di
scongiurare il formarsi di un uomo favorevole all’insorgere di forme di disagio
giovanile sempre più problematiche e ingestibile sul piano sociale.

 

Don Vito Scilabra

Carmelo Vetro